23 giugno 2007

piccole necessarie confessioni

Non so voi, ma io mi sento sempre un po' strano quando qualcuno che non conosco mi confida qualcosa di intimo di punto in bianco.
Come per esempio, l'altro giorno, il mio vicino per sottolineare quella sensazione di violazione che rimane sempre quando ti entrano i ladri in casa, mi ha raccontato i dettagli della notte, di come stava copulando con la moglie e di quello sfinimento post coitale che ti rende quasi insensibile a tutti i rumori.
Sarà che in condizioni normali ci vogliono le pinze per tirarmi fuori qualcosa di personale, anche alle persone che mi amano e mi conoscono bene, ma provo sempre un brivido d'imbarazzo in certe situazioni.
Ieri pomeriggio m'è successo ancora mentre stavo concludendo una transazione commerciale, in un garage, che, se ci pensate, è il momento e il luogo che ispirano di meno forse a questo tipo di aperture. Eppure, quest'uomo suppergiù della mia età, che avrò visto tre volte in tutto, s'è messo a parlare di come ha perso la madre di leucemia. Della rabbia delle sedute di chemioterapia, guardandosi intorno e vedendo quanti giovani facevano compagnia alla sua vecchia. Niente di nuovo, io sono un duro, lo fissavo con la consapevolezza che la vita è così. Ma quando a sintetizzare l'indegnità della cosa mi ha versato addosso: "sono finito a dover fare il bidet a mia madre, capisci?" E io, sì, capisco e ho dovuto abbassare lo sguardo. Una stretta di mano, i convenevoli, come se niente ci fossimo detti, ed ero fuori all'aria afosa.
Sono a disagio, voglio pensare ai casi miei e non capisco perché mi vuoi dare più informazioni di quelle di cui ho bisogno.
M'è rivenuto in mente d'aver letto qualcosa su un altro blog che affrontava il tema e confidava, riuscendo pure a dare un senso positivo al tutto.
M'è venuto in mente che devo essere proprio cieco se non riesco a vedere attraverso le persone quando si rendono trasparenti e che, in fondo, anche io vado facendo qui da tutto questo tempo la stessa cosa. Piccole necessarie confessioni a perfetti estranei.


8 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao A.,
scrivi stretto tu. Scrivi stretto e pieno.

un abbraccio
s

A. ha detto...

Grazie S. E' un bel complimento per essere una cosa scritta di fretta.

derbeer ha detto...

Sembra assurdo ma può essere più facile confidarti con un estraneo, o con qualcuno magari incontrato per caso sul tram.
Perchè non ti conosce abbastanza da giudicarti, perchè tanto domani non lo vedrai più e se anche hai detto delle stronzate, chi se ne frega!
In fondo, come dici, è quello che facciamo anche noi quando scriviamo sui nostri blog!

Anonimo ha detto...

Riflettevo ieri sera che esistono "confessioni" a doppio taglio - e nel caso degli estranei questo non succede. Mi spiego: esistono confidenze che da un lato, per la loro riservatezza, ti solleticano il narcisismo - e con gli estranei, se non altro, la cosa finisce lì - mentre dall'altro ti incatenano. Ti senti sì spiazzato, ma in parte anche gratificato dal fatto che la persona che si è aperta con te l'ha fatto perché ha avvertito la tua accoglienza, il tuo senso dell'ascolto. Se il confidente è un conoscente, al contrario, al coccolamento del narcisismo può fare da contrappeso un senso di vischiosità dal quale non sai più come liberarti...

Anonimo ha detto...

Magari hai un viso, una voce che, da soli, ispirano confidenze. Non è una brutta cosa, anche se spesso molto difficile da sostenere...

A. ha detto...

deerber
Infatti.

odiamore
E' un concetto complicato...aspetta che ci rifletto sopra un po', eh?

Pimpra
Può darsi, del tutto involontariamente. Anzi a volte sembro piuttosto burbero tanto sono riservato.

Anonimo ha detto...

credo sia la solitudine...succede anche a me...

Moneymaker ha detto...

Molte persone, credo in fondo tutti noi, abbiamo a volte un desiderio pazzesco di comunicare, costi quel che costi, al diavolo ogni riservatezza o privacy. Per i motivi più diversi, per una forte emozione, per una gioia incontenibile, per un dolore o un'angoscia che ti attanaglia così forte dentro che ti impedisce di respirare.
Comunicare qualcosa di così pressante è liberatorio, ti fa sentire meglio per il solo fatto che hai condiviso l'oggetto della tua oppressione.
Non è facile, non è bello, spesso non è consigliabile, ma accade.

Ricordo che quando mi è nato il primo figlio, nel tragitto dall'ospedale a casa, rinfrancato dal fatto che tutto fosse andato bene e felice al punto da impazzire, ho abbassato il finestrino dell'auto e mi sono messo a gridare: "Sono padre! Sono padre!" E una signora di mezz'età, carica di borse della spesa, si è girata di scatto, ha sorriso e mi ha risposto "Auguriii!"