16 luglio 2007

piccoli uomini

Si dice che la storia sia fatta dalle biografie dei grandi uomini. I miei libri di storia io li ho venduti appena dopo la maturità. Penso che quelle poche migliaia di lire siano finite in bevute di birra con gli amici.
Così ora non mi ricordo più bene chi fossero Nitti, Orlando o Sonnino. Nomi che trovi scritti nelle piazze e ti ricordano solo di personaggi corpulenti con lo sguardo intenso e folti baffi. Di Garibaldi ammiro sempre la statua sul Gianicolo, ma poco ricordo dell'Uruguay, per dire.
Invece il sapore della birra me lo ricordo sempre e, se mi concentro, ricordo tutte quelle che ho assaggiato. Come pure mi ricordo bene il sapore delle patate novelle che Antonio riportava dal suo orto: piccolo, piegato dalla fatica e dall'artrosi con due manciate di piccoli tuberi sporchi di terra a precederlo.

06 luglio 2007

ambiguità

Cado. Ora mi sembra la conclusione inevitabile. Devo averlo saputo da sempre e me ne rendo conto solo ora che precipito liberamente.
Questa giornata era iniziata solo con l'eccitazione dei preparativi. Il cavo d'acciaio teso e non una nuvola all'orizzonte. Non proprio un'occasione da record, in una città di provincia coi palazzi mai troppo alti, tuttavia la prima volta per me senza rete.
E' quando mi sono trovato a metà che ho avuto chiara l'idea -come un lampo- che di queste imprese in realtà non mi mai ha attirato né la soddisfazione di superare la prova, né l'adrenalina del rischio; non ho niente da dimostrare a nessuno e non una causa a cui dedicare il successo. L'unica vera ragione che mi spinge è proprio quell'ambiguità di essere sospeso fra terra e cielo.
Così ho continuato a pensare mentre mi avvicinavo alla balaustra e a un tratto, elaborata la folgorazione, mi sono fermato. In equilibrio mobile: l'asta fra le braccia a compensare gli sbilanci. Dev'essere stato un tempo piuttosto lungo; me ne sono reso conto guardando le persone di sotto assiepate dietro le transenne. Li vedevo urlare senza sentirli veramente. E il resto dello staff sul tetto del palazzo ad aspettarmi che si sbracciavano in gesti arcuati. "Vieni! Forza! Ancora qualche passo!" Istintivamente devo aver fatto qualche passo indietro, invece.
Non volevo arrivare. L'impresa più emozionante della mia vita sarebbe finita e mi sarei ritrovato solo stasera come tutte le sere a bere birra e guardare vecchi film in bianco e nero.
Ineluttabile, come la fine in tutte le cose umane, s'è alzato il vento a risolvere l'ambiguità. Cado.

03 luglio 2007

i pilastri dell'emozione

Lei mi dice come prima cosa: "mettiti in mutande", il che mi sembra un tantino bizzarro per una sublussazione alla spalla, però obbedisco. Poi comincia a visitarmi dalla testa ai piedi, controllare gli allineamenti dello scheletro, i muscoli e gli organi interni. In piedi, cammina, sdraiato. Tira e molla, gira e torci, palpa e pressa.
"Non è solo la spalla, è tutta questa linea qui che non va" e mi traccia un asse che va dalla testa dell'omero alla testa del femore opposto. "Il fegato è bello grosso; niente di patologico, ma non è che bevi troppo?" Poi ad un tratto, mi ficca le dita dietro la schiena proprio dove finiscono le costole. Stoico, sì, ma che male! Lo confesso: a sinistra mi fa un male cane. Mi chiede con nonchalance: "Sei sposato? Fidanzato?" Io devo aver fatto una faccia strana, come per le mutande. Che c'entra lo stato civile con il mal di schiena? "Sono i pilastri del diaframma" mi spiega "qui si accumulano le tensioni legate all'emotività e tu ce li hai proprio bloccati!"
Ok, tutto chiaro ora.