25 febbraio 2007

Appunti sulla circolarità imperfetta del Tempo

Tra le metafore che mi attraggono di più c’è quella della circolarità del tempo. Il tempo in realtà non esiste linearmente come abbiamo imparato a misurarlo. Il concetto di continuum infinito mal si presta alla riduzione in intervalli misurabili che si susseguono ordinati uno dopo l'altro. Così pure le indeterminatezze della meccanica quantistica rendono tutto più sfumato, al punto che il “quando”, come il “dove”, sono più difficili da abbracciare per noi, esseri senzienti, che percepiamo solo l’hic et nunc dell’universo circostante in funzione degli stimoli che ci arrivano. L'avvicendarsi delle stagioni è un'illusione. Il paradosso dei gemelli di Einstein ci ha definitivamente levato l'illusione che il tempo sia univoco. Da mesi ho l'orologio sulla parete che va con la sua batteria scarica al ritmo suo. Mi guardo bene dal cambiare batteria, mi sta insegnando sempre che il tempo non è com penso. In questo momento in un gesto automatico, un'occhiata furtiva mi ha confermato che sta segnando l'ora esatta. Ma è solo un illusione.
Chi di vieta allora di pensare che il tempo possa andare con percorsi differenti? Per esempio ripetersi circolarmente? Realtà o metafora della realtà, il tema della circolarità del tempo ricorre come un’ossessione nella storia e quindi anche nelle arti. Delle interpretazioni cinematografiche di questa metafora in particolare me ne sono care due che ho in vari momenti di quest’ultimo anno ripreso, gustato di nuovo e analizzato. Con occhi nuovi. Si tratta di “Pred Dozhdot” (Prima della Pioggia) di Milcho Mancheski e “Groundhog Day” (Il Giorno della Marmotta) di Harold Ramis. Getto alcuni appunti con il proposito di lavorarci sopra. I commenti saranno graditi.

“Pred Dozhdot” (1994)
Lo sviluppo della metafora della circolarità avviene fin dalla prima scena proprio con la negazione che essa sia perfetta. Lo scopo narrativo non si comprende in pratica fino alla fine. Quando la scena viene ripetuta con una leggera ma fondamentale differenza. In estrema sintesi, il personaggio principale del film, un affermato fotografo di guerra, entra nel cerchio del tempo per espiare la colpa sua come individuo e come membro della comunità, fino a spezzarlo col sacrificio di sangue a riscattare altro sangue. La morte a salvare la vita. Il film, intensissimo e tragico, vuole essere un messaggio di speranza contro la violenze ed è un piccolo capolavoro nel suo genere. Mi ha tanto colpito la prima volta e tutte le altre volte che ho dovuto riprenderlo e usarlo per elaborazioni mie tutte personali. A me che piacciono le metafore, trovarsene una così forte espressa così finemente ed usarla, era una tentazione troppo forte. Trovare il film in commercio è praticamente impossibile. Se l'hai visto bene, sennò, mi spiace per te.

“Groundhog Day” (1993)
Bill Murray è uno degli attori comici che preferisco. La sua maschera scanzonata e cinica qui è un’anticipazione di tutto quello che sarebbe venuto e l’avrebbe reso famoso. Il film è una commedia brillante, incentrata a modo suo anch’essa sulla circolarità come ripetizione ossessiva del quotidiano. Qui l’espediente narrativo è paradossale perché si concentra su un giorno solo in particolare, il giorno della marmotta, appunto, e il personaggio di Murray è costretto da uno strana curvatura del tempo a rivivere all’infinito questo giorno, nel modo e nel luogo che probabilmente gli sono più odiosi. Anche qui, la ripetizione come “espiazione”, ma ripetendo il ciclo un imprecisato numero di volte. Fino a raggiungere l’illuminazione e a rompere finalmente la circolarità affermando i buoni sentimenti e sublimandoli. Certo qui si ride e lo schietto lieto fine (che nel precedente non c’è perché si finisce pari e patta, in realtà) è certo attraente. Distaccandosi dall'ansia del successo e mettendo tutta l'energia positiva possibile si arriva infine al risultato senza averlo razionalmente calcolato (ricorda molto lo Zen, vero?). Fatto è che anche questa metafora mi ha dato da riflettere; per un altro verso è un messaggio di speranza anche questo.

(work in progress)



-------------
per chi volesse approfondire:
Prez Dozhdot
Groundhog Day

23 febbraio 2007

la paura del silenzio

Un corso di formazione sulla comunicazione. Accetto: di questi tempi mi pare che riesca a comunicare peggio del solito (che è già poco), non mi può fare male.

Simpatici i consulenti, hanno organizzato il corso proprio bene. Si parla di tipi comunicativi e di regia. Non è che in tre giorni ci si illuda di imparare a capire l'Uomo e a comunicare in maniera efficace tutto (e nemmeno a dirigere o recitare col metodo Stanislavsij), però che si accenda qualche lampadina a noi che siamo almeno motivati, questo sì.

"L'ascolto è la forma superiore di comunicazione". E questa la sapevo. L'assunto principale di ogni corso che si rispetti. Ad uno, uomo, logico e determinista come me, con una tendenza a controllare e prevaricare, è un consiglio che -benché ripetuto in tutte le salse- fa sempre comodo. Grazie.

Poi, l'insegnante si sofferma su un aspetto particolare. Era prevedibile, è una donna. "Il silenzio", dice "è parte fondamentale del dialogo." Questo sì, mi fa pensare.

Non ho mai avuto paura del silenzio, come del buio, e spesso sono io che mi ritiro nei miei spazi privati per conquistarmi il silenzio. Mi piace stare da solo a volte, per avere meno distrazioni quando penso. Se devo pensare cose importanti, posso anche scegliere di stare in silenzio per ore, per giorni. Ma è un silenzio mio e nel silenzio io continuo a macinare i miei pensieri. Il mio silenzio, poi, è solo un intervallo, non dico niente nel mio silenzio io. Altra cosa è dover affrontare il silenzio di un altro. Interpretare le cose non dette. Che forse rimarranno non dette. E se non verranno mai dette si perderanno tutte le informazioni che portavano. E l'analisi non potrà essere completa. La sintesi sarà imprecisa. Le conclusioni errate. Sbagliare! E' l'incubo del risolutore di problemi; del logico ad oltranza che deve avere la sua mappa del mondo sempre a disposizione. Come una paura primordiale, un horror vacui. E se il silenzio fosse soltanto vuoto? Del silenzio non si riesce a interpretare nemmeno la sintassi. Di cosa stanno parlando? Figuriamoci a usarlo nei dialoghi!

Poi rifletto. Sono mesi che i silenzi, dei silenzi importanti, mi mettono alla prova. Cerco di staccarmi dall'ansia di capire. O, meglio, dall'ansia di interpretare. Non ci riesco. Parlo, mi agito, sono concitato. Parlo ancora e parlo addosso. Parlo sopra.
Poi taccio e mi rimetto ad ascoltare i silenzi con un po' più d'attenzione. Ho ancora tanto da imparare. Ci vorrà pazienza e non solo da parte mia.

il paradosso può attendere



"an apparently unacceptable conclusion derived by apparently acceptable reasoning from apparently acceptable premises"
(R. M. Sainsbury, Paradoxes)

Ti sembrerò ben strano
a forzar logica contro ogni scoglio
ma son soltanto umano
se ho detto "smetto" e intanto voglio

(Let's Get Lost)

16 febbraio 2007

compiti per casa



Si dice che gli opposti si attraggano, una visione complementare dell'universo antichissima. Sarà per questo che mi attrae lo Zen. A me che sono razionalista fino al midollo, che devo avere tutto ordinato, analizzato e spiegato davanti a me attrae questa via indefinibile, che non può essere descritta, né spiegata, né forzata, né compresa col pensiero.
Così nel corso di più di tre lustri, mi sono dedicato a conoscere meglio lo Zen (e anche qui il verbo non è adatto). Senza fretta particolare, perché non ci può essere fretta nella maturazione. Leggere dello Zen (che significa "meditazione") è come cercare di raccogliere acqua con un dito. Si può solo provare a ricevere qualche goccia che faccia arrivare a qualcosa di più importante nella strada alla propria rinascita attraverso il satori, l'illuminazione. Non c'è un metodo e questa è la cosa che capisco di meno e che mi affascina di più forse. Bodhidharma, noto come il primo patriarca Zen, sedeva in silenzio di fronte a un muro.

Questo che ho riportato è un koan cinese (una sorta di esercizio spirituale per monaci zen) del 1200 al quale sono particolarmente attaccato. Qui ci sono parecchi concetti tutti compressi insieme, io lo leggo e lo rileggo senza capirlo appieno e ogni volta ci trovo qualcosa di pertinente alle mie vicende. Oggi ci leggo della legge di causalità, di risposte e domande sbagliate, di uno studente che sorprende il maestro, di uno schiaffo come risposta giusta, del controllo e mancanza di controllo.

E' la barriera senza cancello quella più difficile da attraversare.

>>>

15 febbraio 2007

chimica elementare

Non sapevo che delle proteine
m'avrebbero cambiato la vita
Né che fosse tanto dannoso
avvicinare una perla all'aceto
Il sangue rimane rosso
perché è già ruggine
e il vino racconta a volte
soltanto mezze verità
Gli elementi sono tutti qui
sulla tabella appesa al muro
ma per quanto mi ostini a capire
la loro armonia non è scritta
sui libri che ho studiato
aiutami a capire
coi tuoi silenzi
e la dolcezza tua

14 febbraio 2007

conti correnti

La sorpresa è uno scoperto
e la spinta verso il dolore
di una chiusura rimandata
da troppo tempo ormai
Mi assicuro che la somma
torni algebricamente zero

02 febbraio 2007

A Sort Of Homecoming (V)

La cassiera indica il mazzo e dice: "meglio che ci mettiamo una busta sopra, sennò da qui alla macchina saranno già congelati". A me viene da sorridere, ma non dico niente, la lascio fare.
Con il vento tagliente di qui ho le mani intirizzite e la busta vola via tanto lontano che non vale nemmeno la pena di andarla a riprendere. Lascio le rose per terra, al riparo. Proprio sotto il mio nome. Solo una manciata di minuti, tutto il tempo che riesco a resistere fuori, e mi pare già di vederle bruciate dal gelo.