27 febbraio 2005

Short Term Memory Loss

Nella camera in penombra il giovane uomo accarezza amorevolmente la testa dell'anziano seduto.
"Ah, avrebbe dovuto vedere, lei, come ci accolse la gente di Trieste quando entrammo in città nel '54! Che feste! Tutti per le vie, tutti con la bandiera tricolore! Gli abbracci, i fiori!"
Con lo sguardo l'anziano vaga verso la luce della finestra, un tremito lo scuote.
Il giovane si piega più vicino, premuroso.
"Hai freddo, papà? Ecco, tieni la tua coperta."
Senza distogliere lo sguardo l'anziano s'aggiusta la piccola coperta colorata fatta a maglia. Poi s'anima di nuovo con un guizzo. "Eh, la mia Maria era brava con i ferri! Era brava a fare tutto.
L'ha conosciuta, lei, la mia Maria?"
"Certo, papà, Maria..."
"Maria..." e una stilla s'affaccia all'angolo dell'occhio dell'anziano.
"Devo andare ora, papà." Il giovane poggia per un attimo le labbra sulla bella testa folta di capelli bianchi.
"Torno domani, non ti preoccupare."

Nell'altra stanza una donna affaccendata.
"Mi raccomando, Filomena, gli faccia prendere le medicine in orario. L'ho visto un po' peggio stasera. E lo faccia coprire; aveva le mani ghiaccie oggi."
"Non si preoccupi, signor Guido, ci penso io. Vada tranquillo."
Guido esce e si chiude la porta dietro, piano senza far rumore.

21 febbraio 2005

L'Insegnante

"Chi sa fa, chi non sa fare insegna". E' da ieri notte che ho questo detto nella testa; continuo a ripetermelo come una filastrocca. Anche ora, mentre sto qui, appoggiato alla scaletta. Il fango grigiastro intorno è umido e freddo, ma sta spuntando il sole pallido da dietro il colle. Quota 770.
A quest'ora i miei ragazzi staranno entrando in classe; mi viene in mente l'odore di legno vecchio della cattedra.
Ancora qualche volta la mia filastrocca come quando si dice il rosario. Il collo della giubba mi sta facendo impazzire con la sua lana ispida.
"Sergente, è ora", "Baionette!".
Sfodero la sciabola lentamente. Ancora un piolo più in alto.
"Avanti, Savoia!", grido forte e ci lanciamo col sole basso alle spalle verso le mitragliatrici austriache.


----------
N.d.A. seconda edizione modificata il 1/09/05

16 febbraio 2005

The Dorm



I vagoni della metropolitana scricchiolano e sferragliano sinistramente mentre il treno s'avvicina alla banchina. Non c'è quasi nessuno a quest'ora. Giusto un paio di nottambuli sistemati sotto la telecamera nella piazzola di sicurezza.
La fermata di Hoyt-Schermerhorn fa schifo a quest'ora e a tutte le ore, infatti. La scaletta stretta che riporta a livello della strada è ingombra di cartaccia, bicchieri di carta e di altre cose che non ti va proprio di vedere. Almeno fa freddo e il tanfo di piscio e vomito non si sente troppo. All'angolo dell'isolato c'è il grocery store aperto fino a tardi. Lì mi conoscono e apprezzano le mie origini mediterranee. "Midnight Pasta", ossia la spaghettata di mezzanotte, è un concetto che mi sono venduto col negoziante e che anche i poliziotti di ronda hanno apprezzato. Mi porto via nella busta di carta qualche bottiglia di birra e un paio di lattine di zuppa. Tanto per buttar giù qualcosa di caldo. La birra però è fredda fredda e rimarrà fredda per quest'altro isolato.
Faranno 4 o 5 sottozero. La neve sporca s'è giacciata nelle aiuole. Qualche altra rapida falcata e sono al cancello e come tutte le sere mi fermo al checkpoint con la sagoma del dorm alle spalle. Gracchia la voce della guardia nell'altoparlante incastonato nel disco d'alluminio, "Hi". "Hi, Tom", faccio io. I convenevoli sono spicci all'una di notte. Tom mi conosce, m'ha visto ogni sera negli ultimo mese di turni di notte. Trovo quasi sempre lui. Ma non mi farebbe mai entrare senza tesserino e io neanche ci provo. Impreco mentalmente mentre mi levo un guanto per tirarlo fuori e sventolarlo contro il vetro antiproiettile, ma sono arrivato ormai. La hall è ancora ingombra di ragazzi che cucinano, vociano e guardano la tv. Non mi giro a guardarli; sono così stanco che neanche mi va di sbirciare la biondina in pigiama che mostra le sue grazie. Non si fraternizza tanto dopo l'ultimo episodio di violenza e io, oltretutto, sono uno straniero e si vede. Non è che stare qui mi esalti.
L'ascensore mi porta silenzioso fino al settimo piano e il linoleum mi scricchiola sotto i piedi fino in fondo al corridoio. La finestra senza tapparelle butta dentro la luce gialla dei lampioni; tra qualche ora farà giorno e odierò le sue tendine che non servono a nulla. Eppure è un'attrazione irresistibile. Il monolito di venti piani torreggia in mezzo al piazzale.
Onnipresente la cacofonia delle sirene in lontananza, mentre tre ragazzini stanno tentando di aprire la portiera di una macchina giù in strada.

12 febbraio 2005

Haiku dell'Epifania

Budda di fagioli
siede enigmatico
l'inverno lo raffredda

03 febbraio 2005

Il Secondo Piano

La mia vicina porta a passeggio il gatto col guinzaglio.
Io l'incrocio a testa bassa.
Ci urlavano: "Chi non guarda le finestre del secondo piano è già un fallito!"
Sarò un fallito, ma le serrande sono abbassate e non c'è nulla da guardare.