09 luglio 2006

The Next One



Prima, mentre eravamo seduti per terra a mangiare le nostre razioni in quella che sarebbe la cena, mi guardavo attorno. Guardavo gli altri. Stiamo perdendo un uomo al giorno. Pensavo a chi sarebbe stato il prossimo. Jack lo spilungone silenzioso del Nebraska. John, il marconista, con la faccia da ragazzo per bene. Milton, il nero, con l'M-60 e il pacchetto di sigarette sempre pronto. Chi sarebbe andato a "comprare la fattoria 6-per-3", come si dice qui*.
Dopo aver raschiato bene le nostre scatolette, ci siamo messi a riposare prima di ripartire appena notte. Il fango di questa giungla di merda, alla fine, ti diventa pure comodo.
Mi sono svegliato di botto che ancora provavo a tirare su George, il caporale con gli occhiali, il più anziano fra noi. Nell'incubo, stava andando giù da uno strapiombo e mi allungava la mano. "Aiutami", diceva e io non ce la facevo a tenerlo col peso dello zaino e tutto. Scivolavamo nel fango.
Col cuore che mi batteva forte in gola, zuppo di sudore, ho morso forte il telo mimetico per non farmi sentire. Non mi abituerò mai, cazzo, a quest'idea. Stanotte toccherà a lui. Il prossimo.

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(*) "buy the six-by-three farm", essere ucciso nel gergo dei veterani del Vietnam
Photo courtesy of About.com
Altre fonti di riferimento: "The Vietnam War" e "OV-1.com"

06 luglio 2006

Stazioni



Seduto su una panca, guardo i piedi indaffarati, avanti e indietro sulla banchina. Il tempo e il vento hanno lasciato una patina rossa di ruggine sul travertino dei pilastri.
L'odore asfissiante dell'olio e lo stridio del metallo sul metallo turbano i miei sensi. Mi ricordano che sono vivo.
Il clamore, il fischio e lo sbattere dei portelli. Poi il silenzio, solo un istante prima che tutto si ripeta ancora.
Si arriva, si parte. Ci si prende, ci si lascia.
Un abbraccio nel commiato, un altro nel benvenuto. Non c'è fine.
Con le mani giunte, ficcate tra i ginocchi, io sto qui e mi guardo i piedi.

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immagine tratta dal sito Viterbo in cartolina