17 aprile 2006

A Sort Of Homecoming (II)

La strada si srotola e mi porta senza fretta dove la terra è più familiare e più fertile. L'aria fresca e l'odore della pioggia, tra le colline stondate di maggese ed erba verde da dove il nostro pino mi aspetta a guardia come sempre.
Qui è diverso. Qui il dolore è più dolce e intenso, come un profumo disgustoso e conturbante.
La polvere fine copre le cose quasi senza essere e tutto è fermo a come era. Mi accolgono i muri bianchi, le margherite di Warhol e il legno color miele. E' come se fossimo appena andati via e appena tornati. La scacchiera dello "Scrabble" è ancora ferma all'ultima partita; le riviste sul comodino rivelano la data. Due anni e sembra ieri. Spalanco la finestra per dare un po' d'aria, ma non sa di chiuso qui. Il cielo di pioggia ha dato il posto a un sole incerto che scalda i coppi dei tetti incrostati di licheni.
Tutto è così immoto, silenzioso, così uguale che anche il tempo sembra in sospeso. Sono tornato e non siamo mai andati via.

Il cielo ora stride di rondini che sfrecciano basse sui tetti a cacciare insetti. Pioverà ancora.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Sono tornato là
dove non ero mai stato.
Nulla, da come non fu, è mutato.
Sul tavolo (sull'incerato
a quadretti) ammezzato
ho ritrovato il bicchiere
mai riempito. Tutto
è ancora rimasto quale
mai l'avevo lasciato.


Ciao caro.

ZF ha detto...

Panousia.

Anonimo ha detto...

Tremito lieve nel mal di sera
attendi, in esaurite note
apparente quiete.

Patty

A. ha detto...

Grazie a tutte per i commenti. Siete molto care.